Testo e voce: Mario Massarotti
Può la nostra voce condizionare il destino degli uomini? Ebbene, sì. È pensiero comune che per rivoluzionare la qualità del mondo in cui viviamo sarebbe necessario idealmente “azzerare tutto” per ottenere una realtà diversa, a misura d’uomo.
Aldilà delle utopie, ho sufficiente sicurezza che su questo piano la voce può fare molto. E’ melodia che si adatta a qualsiasi circostanza e non ci sono corde da pizzicare o tasti da toccare. No. Le abili mani capaci di variarne il suono partono da dentro. Hanno consistenza fisica e inconsistenza nell’animo. In entrambi i casi ci sono corde che si lasciano vibrare in base a quello che potremmo definire “impulso di partenza”, ciò che vorremmo arrivasse a destinazione, magari per produrre un cambiamento.
La prova migliore per esprimere una voce interessante è propria della profondità che sappiamo disegnare nell’anatomia del nostro corpo. Attraverso la respirazione che raggiunge il diaframma, il rilassamento muscolare e la giusta predisposizione d’animo, la parola che viene dal profondo esprime il suo significato per il fatto esclusivo e poco discutibile che in noi abbiamo una straordinaria dotazione di strumenti, ognuno con una funzione, anche se non ne siamo pienamente consapevoli.
Ecco, la sfida per possedere una voce accattivante, seducente, gradevole, bella da ascoltare in ogni occasione è diventare coscienti di ogni parte deputata a produrla, basti pensare che le corde vocali sono solo la parte finale di un processo complesso che merita di essere conosciuto e compreso.
La cura di questa orchestra richiede di eliminare tutte le tensioni e di fondare un nuovo equilibrio per vivere pace e armonia interiori, le uniche capaci di generare una condizione godibile e rilassata per noi e per chi ci ascolta.
Nella nostra vita non c’è stato alcun insegnante o scuola particolare che ci hanno indirizzati ad utilizzare al meglio la voce, essa si incide nel quotidiano a partire dal primo vagito, trova utilità ed emozioni nel parlato, dà bella mostra di sé quando permette al respiro di diventare arte lungo le onde dei toni e delle note: nel canto.
Comunicare è trasmettere la nostra identità tramite il timbro, la cui impronta è solo nostra. Per attribuirgli il valore giusto è sufficiente pensare che è unico, difficilmente replicabile. La sua dignità non prevede passerelle per vincere esteticamente rispetto ad altri. Quindi non è giudicabile ma solo migliorabile su un piano più interessante, quello che vuole la voce come mezzo e non come fine. Come direbbe l’artista Caparezza: “La bella voce da sola non è creatività”.
L’artista che è in noi è nei piccoli gesti di ogni giorno: raccontare una favola, sussurrare un pensiero romantico, pronunciare con forza idee ambiziose, citare giocosamente un aneddoto. In nessun momento la voce perde la sua utilità, neppure quando si resta muti davanti ad un’opera d’arte, d’altra parte è solo questione di tempo e troveremo le parole giuste per descrivere quelle immagini.
Il modulare e trovare un tono adeguato, produce episodi con una propria unicità e una dimensione forse mai replicabile allo stesso modo. Ogni momento è buono per creare pensieri e dotarli della sintesi delle parole giuste, non scontate, in grado di accarezzarci l’un l’altro.
Dunque la voce ci contraddistingue. Se ben curata ci rende eleganti e persuasivi. Si crede erroneamente che per farsi capire è sufficiente alzare la voce. Non funziona. Più che urlare, bisogna comprendere quale messaggio è meglio in grado di passare e di colpire l’attenzione altrui (conta il “come” e non il “quanto”).
L’ascolto rifiuta tutto ciò che è piatto. Avete presente una favola solo letta e per niente raccontata? Vi addormentereste. Allo stesso modo è utile comunicare agli altri e con gli altri, aggiungendo tono, pause, velocità e altri elementi senza risparmiare in articolazione e quindi in quella chiarezza che ci rende presenti, desiderabili, finanche autorevoli, in una società in cui è auspicabile impiantare e coltivare finalmente i semi della “comprensibilità”.
“C’è tanta eloquenza nel tono della voce, nell’espressione degli occhi e nell’aspetto di una persona di quanta ce ne sia nella scelta delle parole” (Francois De La Rochefoucauld).
Le persone che curano male la qualità della loro voce, sottraggono alla parola il proprio ruolo di attenzione verso gli altri. È molto facile appiccicare etichette, soprattutto se il bersaglio della critica è una persona preparata e competente. Al contrario, ci sono coloro che sanno modulare la propria voce con un volume giusto e restano memorabili nella loro semplicità.
Quando si dice: la voce della speranza, la voce della verità, la voce del popolo. Bisognerebbe dare una voce ad ogni cosa, anche astratta, ad ognuno quel diritto alla parola che consente di parificare realmente tutti su qualunque piano, senza il timore di collocarsi in modo sbagliato in mezzo agli altri.
Un tempo esprimere le proprie opinioni era un privilegio di classe. Oggi, la vera democrazia passa mediante la voce di ognuno.
“Gli spari intorno a noi,
ci impediscono di udire,
ma la voce umana è diversa,
dagli altri suoni,
e se può essere udita
al di sopra dei rumori che seppelliscono tutto il resto;
perfino quando non grida,
perfino se è solo un bisbiglio,
perfino il più lieve bisbiglio può essere udito al di sopra degli eserciti,
quando dice la verità.”
Nicole Kidman in: Silvia Broome